Pop III

Questa in foto è una rappresentazione artistica di un ammasso composto da stelle primordiali, ovvero stelle di popolazione terza (Pop III). Vi chiederete cosa c’è di diverso in queste stelle!? Bene, sono definite come la prima generazione di stelle, mai osservate e formate soltanto dagli elementi prodotti dal Big Bang (idrogeno, elio e tracce di litio). Ma le stelle che vediamo oggi sono le Pop II, relativamente povere di metalli e le Pop I, ricche di metalli. Quindi, per arrivare alla formazione di tutti questi metalli si deve partire da queste stelle antenate che, come tutte le stelle, si sono evolute, sono esplose come Supernovae e hanno contaminato il materiale da cui si formano le generazioni successive. 

Secondo i cosmologi, sono stelle estremamente massicce, con una massa che va dalle 200 alle 1000 volte la massa del Sole. Stelle così grandi bruciano molto rapidamente, pertanto la loro vita sarebbe stata brevissima, meno di 20 milioni di anni. Ciò spiegherebbe la difficoltà di rilevarle, oltre al fatto che essendo corpi celesti così antichi, per trovarle occorre guardare molto lontano nello spazio e quindi, nel tempo. Infatti, basti pensare che, nonostante siano stelle enormi e caldissime, la luce che arriva a noi è 400 miliardi di volte più fioca della stella più debole osservata ad occhio nudo.

Ma…un team dell’Inaf di Bologna, grazie al Very Large Telescope (VLT) dell’ESO puntato in direzione della costellazione di Eridano, potrebbe aver trovato una dozzina di queste stelle di Pop III. La loro scoperta è stata possibile, utilizzando un ammasso di galassie, Macs J0416, come una potente lente gravitazionale che ha “amplificato” sorgenti molto piccole presenti alle sue spalle. L’ammasso si trova in una zona critica, nel quale l’amplificazione è enorme. Infatti, qui, la radiazione elettromagnetica risulta essere 40 volte più grande di quella che si avrebbe in assenza dell’ammasso. In questa zona di Universo è stata misurata una fortissima emissione dell’idrogeno, nota come Lyman-alfa, è spiegabile soltanto con la presenza di stelle di Pop III. Per adesso, questa è solo un’evidenza indiretta, ma sempre grazie al VLT e con un pò di fortuna, il passo successivo sarà quello di misurare la seconda riga chiave, quella dell’elio, che rappresenta una caratteristica inequivocabile della loro presenza. Sarebbe un risultato importantissimo per la comunità scientifica perchè permetterebbe di studiare i primi istanti della formazione stellare e l’evoluzione delle stelle. Ma chi potrebbe confermare che si tratta proprio delle stelle più antiche dell’Universo, sono le osservazioni del telescopio ELT (Extremely Large Telescope) da 39 metri, che, però, vedrà la luce soltanto nel 2025.

Luisa Pecoraro

“Candidate Population III stellar complex at z = 6.629 in the MUSE Deep Lensed Field”

E Vanzella, M Meneghetti, G B Caminha, M Castellano, F Calura, P Rosati, C Grillo, M Dijkstra, M Gronke, 

Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: Letters, Volume 494, Issue 1, May 2020, Pages L81–L85.

Credits: National Astronomical Observatory of Japan.

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