DARK SIDE OF GRAVITY: CAPITOLO II – La relatività su strada

 Da sempre i concetti di tempo e spazio affascinano l’umanità: in ogni epoca c’è stato un pensiero dominante che ha cercato sia di dare una forma alla loro natura che una risposta alle domande relative il loro significato, attraverso l’arte, la filosofia e la scienza. Da 500 anni la fisica – in particolare la teoria della relatività – si  interessa a queste domande cercando di interpretare e comprendere i concetti dando la propria visione. Dunque, è naturale chiedersi: cosa sono lo spazio ed il tempo? 

   Per quanto questa domanda sia tra le più spontanee ed innocenti, non si può dire lo stesso per le sue risposte. Infatti, nel corso dei secoli, il progresso della civiltà ha stimolato e formulato risposte via via sempre più complesse e multidimensionali. Esse, inerpicandosi e snodandosi lungo traiettorie vertiginose di montagne russe del sapere – attraversando il quod fuit, quod est, quod futurum est di Seneca (De brevitate vitae, VI), scoprendo la sonata Hammerklavier (n. 29 op. 106) di Beethoven, immergendosi negli spazi metafisici di De Chirico e terminando con il relativismo einsteiniano –, andrebbero necessariamente declinate e risolte nella multidisciplinarietà del sapere stesso per una rigorosa ed esaustiva analisi. 

Ciò premesso, limitiamoci ad esaminare i concetti di spazio e tempo nell’accezione e nel contesto della sola fisica. A tal fine, partiamo sempre dalla fisica classica newtoniana-galileiana (che in buona sostanza è la “fisica di tutti giorni”), nella quale i due capisaldi sono i concetti di spazio assoluto e di tempo assoluto. Newton, nella sua opera omnia Principi matematici della filosofia naturale, afferma che: “le leggi della dinamica valgono nello spazio assoluto, il quale rimane sempre uguale e immobile a sé”. Tuttavia, questa ipotesi si è mostrata, successivamente, non necessaria per la costruzione e per l’auto consistenza dell’intera meccanica classica(1)*. L’idea di tempo assoluto, invece, rimane un principio indiscutibile fino al 1905 con  l’avvento della teoria della relatività di Einstein. 

    In un certo senso, lo spazio assoluto e il tempo assoluto possono essere pensati rispettivamente come il palcoscenico e il sipario di un teatro sul quale i fenomeni naturali recitano il copione delle leggi di Natura: il palcoscenico (lo spazio assoluto) resta rigido e sempre uguale a sé, non partecipe in nessun modo alla recita degli attori (fenomeni naturali); mentre il sipario (il tempo assoluto) sancisce l’inizio e la fine della recita senza anch’esso perturbare minimamente il mentre del recitato.      

   Dunque, l’aggettivo assoluto esprime la proprietà di indipendenza del tempo e dello spazio dal particolare osservatore. Tuttavia, si può dire lo stesso per le rispettive misure? 

Consideriamo in primis la misura di una lunghezza di un oggetto. Quante volte abbiamo misurato le dimensioni (altezza, profondità e larghezza) di un mobile all’IKEA utilizzando il classico metro di carta a nastro reperibile in tutto il negozio. Nello specifico, l’operazione di misura consiste nel semplice confronto diretto tra la lunghezza da misurare e il metro: si fa coincidere l’inizio del metro, individuato generalmente da una tacca contrassegnata con uno zero, con un’estremità della lunghezza da misurare e si legge su una scala graduata il valore più vicino all’altra estremità. In generale, il valore della misura non dipende assolutamente da quanto tempo impieghiamo a compiere la misura. Invece, se la grandezza da misurare si muovesse rispetto a noi, la misura risulterebbe ancora indipendente dal tempo impiegato? La risposta è no. Purtroppo, quando un oggetto è in moto il valore misurato dipende fortemente da quanto tempo impieghiamo a compiere la misura.

   A tal proposito, facciamo il seguente esempio: supponiamo di avere un autobus, lungo 14m, che viaggia lungo una strada rettilinea a 60km/h; e una vettura, lunga 4m, che viaggia nella stessa direzione a 80km/h. Ad un certo istante, la vettura decide di superare l’autobus. Quanto spazio servirà alla vettura per compiere il sorpasso in sicurezza? Istintivamente, verrebbe da dire 18 metri, in quanto somma delle singole lunghezze dei veicoli. Tuttavia, se così fosse, è molto probabile che il tutto terminerebbe con un rovinoso incidente stradale. 

  Allora sorge spontaneo chiedersi: di quanto spazio, rispetto alla strada, necessitiamo per compiere il sorpasso in sicurezza? Tralasciando il dettaglio del calcolo, servono almeno (2)* 72m, ben 4 volte la distanza di prima! Questa distanza, che noi tutti valutiamo – inconsciamente e senza fare troppi calcoli – ogni volta che ci apprestiamo a compiere un sorpasso, a cosa è dovuta? Lo spazio “utile” per il sorpasso non solo è dovuto al moto reciproco tra autovettura e autobus rispetto alla strada, ma è dovuto anche al fatto che il sorpasso non è istantaneo. Nel caso in questione, la durata è di circa 3 secondi (3)*. In ogni caso, possiamo pensare questa distanza utile come una lunghezza effettiva dei veicoli rispetto alla strada, vedi Figura 1; in senso lato, una sorta di “allungamento” dei veicoli stessi. 

Figura 1: in alto, è rappresentata la macchina che sorpassa, con velocità 80km/h rispetto all’osservatore fermo su strada, l’autobus che viaggia con velocità 60km/h (sempre rispetto all’osservatore fermo sulla strada); in basso, è rappresentata la lunghezza dell’autobus “effettiva” rispetto alla strada durante il sorpasso.

In particolare, dal punto di vista di un osservatore posto nella vettura – tralasciando la propria lunghezza – l’autobus appare più lungo di 42 metri (56m totali) rispetto ad un osservatore sulla strada. Invece, se la vettura e l’autobus procedessero in direzioni opposte la distanza effettiva scenderebbe a 10 metri circa; la lunghezza dell’autobus risulterebbe accorciata di 6 metri (8m totali); e la durata dell’incontro avverrebbe in meno di mezzo secondo (4)*.  È da sottolineare che queste distanze effettive, con i rispettivi tempi impiegati, sono quelle che realmente caratterizzano il fenomeno del sorpasso (o dell’incontro) di veicoli; inoltre, sono quelle distanze che devono essere rispettate al fine di evitare incidenti stradali. Alla luce di questo esempio la misura dello spazio, se avviene in un tempo finito, non è assoluta: la stessa lunghezza (autobus) misurata da differenti osservatori non appare uguale, bensì dipenderà dalla velocità relativa tra la l’oggetto che viene misurato e l’osservatore che compie la misura e il tempo impiegato. 

  Tuttavia, in fisica classica come viene “sanato” quanto discusso? Accanto ai capisaldi di spazio assoluto e di tempo assoluto, viene aggiunto un ulteriore caposaldo: l’istantaneità. In meccanica classica, ogni processo fisico avviene istantaneamente a prescindere dalle distanze, da chi osserva e dai rispettivi stati di moto: tutti i corpi nell’universo, anche se posti a distanza finita o infinita, si possono influenzare istantaneamente; tutti gli osservatori possono misurare il medesimo valore di una lunghezza assegnata di un oggetto; lo stato di moto è ininfluente nel determinare la durata di un fenomeno, in quanto dal punto di vista dell’istantaneità i moti relativi appaiono congelati come in un’immensa “fotografia”. 

 Dunque, l’istantaneità deve essere pensata come alla possibilità, in linea di principio (o paradigmatico), di poter conoscere, compiere misure e poter interagire in un intervallo di tempo nullo. Chiaramente una tale possibilità, per quanto potrebbe non essere realizzabile in una misura reale di una grandezza fisica, in pratica può essere ottenuta operando opportunamente sulle grandezze misurate. Nell’esempio della lunghezza effettiva dell’autobus, misurata rispetto alla strada, era emerso che quest’ultima era maggiore rispetto alla lunghezza reale: in particolare, l’autobus lungo 14m sembra che occupi, durante il sorpasso della vettura e rispetto alla strada, una lunghezza di 56m. Abbiamo anche aggiunto che questa discrepanza è figlia sia del particolare stato di moto che dalla durata temporale finita del sorpasso. Tuttavia, se dalla misura condotta dall’osservatore solidale con la strada (56 m) togliamo di quanto l’autobus si è spostato durante l’intero sorpasso (pari a 42 m) otteniamo correttamente la lunghezza reale di 14 metri, vedi Figura 2. Il risultato di questa operazione matematica è equivalente ad aver condotto istantaneamente la misura della lunghezza dell’autobus(5)*. Di conseguenza, questo modus operandi diventa di fatto la procedura pratica per realizzare l’idea di istantaneità, che altrimenti non sarebbe realizzabile: grazie ad essa, tutti gli osservatori possono misurare la medesima lunghezza di un oggetto.

Figura 2: la lunghezza dell’autobus “effettiva” è data dalla somma della lunghezza dell’autobus (in verde) più lo spazio percorso dallo stesso durante il sorpasso (in arancione).

Per concludere, volendo dare un accenno alla multidisciplinarietà sull’argomento, notiamo che il concetto di istantaneità non è presente solo in fisica, bensì è radicato anche nell’arte: basti pensare alle opere di Monet, il cui obiettivo era quello di catturare l’istante su tela. In particolare, nell’opera “I papaveri” (vedi immagine sopra) il pittore rappresenta la moglie Camille e il figlio Jean in due punti distinti: in questo modo, Monet imprime su tela la distanza percorsa dalle figure. Dunque, il quadro restituisce una “fotografia” della distanza percorsa dai due personaggi, resa possibile solo dagli istanti iniziali e finali catturati e fissati dall’artista sulla tela. Da quest’ottica, in modo analogo a Monet, il fisico misura le lunghezze di un oggetto “fotografando” l’inizio e la  fine del fenomeno nel quale esse sono coinvolte.

Una volta esaurita la domanda sulle misure delle lunghezze, viene spontaneo chiedersi: cosa accade per la misura dei tempi? Per questo e tanto ancora, restate sincronizzati

(1)*Per la coerenza della teoria, è sufficiente considerare – come affermato dal primo principio della dinamica (ogni corpo, non soggetto a forze, rimane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme rispetto a un sistema inerziale di riferimento) – l’esistenza di una classe di sistemi di riferimento privilegiati – ovvero, i sistemi di riferimento inerziali – nei quali ogni corpo libero è in moto rettilineo uniforme oppure in quiete.

(2)*Supponiamo che l’autobus e la vettura si muovano nella stessa direzione con velocità V e U rispetto la strada; siano, inoltre, L e D le lunghezze dell’autobus della macchina quando sono ferme. Lo spazio necessario per compiere il sorpasso rispetto alla strada  è dato da: U(L+D)/(U-V).

(3)*In riferimento alla nota precedente, Il tempo necessario per compiere sorpasso è dato da: (L+D)/(U-V).

(4)* Se l’autobus e la vettura si muovano in direzione opposte, lo spazio per compiere il sorpasso è dato da:  V(L+D)/(U+V);  il tempo impiegato per il sorpasso, invece, è dato da: (L+D)/(U+V).

(5)*Usando le trasformazioni di Galilei tra l’osservatore posto fermo sulla strada e l’osservatore posto sull’autobus, abbiamo: ΔXs=ΔΧa+VΔT, dove ΔΧs e ΔΧa sono rispettivamente le lunghezze misurate dall’osservatore sulla strada e dall’osservatore sull’autobus, mentre ΔT è l’intervallo di tempo impiegato e V è la velocità dell’autobus rispetto la strada. Se il processo fosse istantaneo, cioè  ΔT=0, otterremmo: ΔΧs=ΔΧa, cioè l’uguaglianza delle lunghezze.

A cura di Sara Aliberti Rufrano e Antonio Stabile

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