La fisica studia le leggi della Natura considerando, nei propri modelli, determinate grandezze definibili tramite opportune procedure operative. In generale, queste definizioni riflettono “l’immagine” dello strumento utilizzato per condurre le misure: ciò comporta, banalmente, che se non dovesse esistere lo strumento di misura, conseguentemente non esisterebbe nessuna procedura che possa definire operativamente una grandezza. Tutto ciò non significa che non possono essere pensate o poste in essere nuove grandezze, bensì che esse non possono essere quantificate. Di conseguenza, queste ultime non sono annoverabili tra quelle attenzionate dalla fisica. Un esempio, per antonomasia, di grandezza pensabile ma non misurabile è l’amore: esso da sempre ispira diversi ambiti dell’umanità, raccontando in vari modi la reciproca felicità degli amanti. Tuttavia, per l’intima irrazionalità, e per la mancanza di uno strumento oggettivo col quale quantificarlo, tale grandezza non è stata mai oggetto d’indagine della fisica. Al contrario, l’amore da sempre è lasciato ai poeti, più in generale agli artisti i quali, lasciandosi ispirare dalle sue libere espressioni non razionali, lo trasformano in immagini, note o parole. Così facendo lo consegnano alla Storia e lo preservano dall’oblio alle generazioni future. Fortunatamente.
In ogni caso, tra tutte le grandezze definibili in fisica, il tempo ha giocato un ruolo di rilievo nel corso dei secoli: da sempre l’umanità si è interrogata sul suo significato ed essenza, dando ad esso un numero indefinito di interpretazioni e di forme. A questo punto, è doveroso chiedersi: cos’è il tempo in fisica?
Per iniziare a studiare l’evoluzione del concetto di tempo partiamo sempre dalla fisica classica. Come già anticipato nei precedenti “capitoli (1)” , la meccanica classica si basa sul concetto di tempo assoluto. In particolare, l’accezione “assoluto” garantisce l’indipendenza del tempo dal particolare osservatore, ovvero l’esistenza di un unico orologio universale: ciò comporta che la durata di un fenomeno (misura degli intervalli temporali) e l’ordine cronologico degli eventi(2) siano gli stessi per tutti gli osservatori(3). Ne segue che se due eventi consecutivi sono collegati da un rapporto di causa ed effetto – ovviamente con la causa che precede l’effetto – allora tutti gli altri osservatori vedranno lo stesso ordine temporale tra la causa e l’effetto. Ad esempio, nel gioco della carambola, il moto della pallina sul tavolo da gioco (effetto) è dovuto al colpo di stecca (causa). Dunque, l’ordine nel quale avvengono gli eventi, prima il colpo della stecca e poi il moto della pallina, è lo stesso per tutti gli osservatori. In altri termini, nessun osservatore vedrà accadere gli eventi invertiti, cioè prima il moto e poi il colpo di stecca.
Come detto precedentemente, in fisica una grandezza è ben definita quando viene precisata la procedura di misura tramite l’utilizzo di uno strumento. Pertanto, per rispondere alla domanda sul tempo, partiamo dalla sua definizione operativa: il tempo è quella grandezza misurabile con un orologio. Tuttavia, sorge spontanea la domanda: come si può effettuare, nella pratica, una misura di tempo? Un modo semplice per svolgere tale misura richiede un sistema periodico di riferimento, in modo da confrontare l’intervallo temporale di interesse con i cicli completati dal sistema.
Ad esempio, immaginiamo di voler misurare il tempo impiegato da un’autovettura per percorrere una certa distanza tramite l’utilizzo di un pendolo (vedi figura 1). Per semplicità, supponiamo che l’autovettura viaggi a velocità costante. Per fare ciò, confrontiamo la durata del fenomeno in esame con il numero di cicli periodici compiuti dal pendolo, scegliendo quindi il periodo della singola oscillazione come “canone” temporale (o meglio, unità di misura) per misurare l’intera durata del fenomeno. In particolare, possiamo immaginare che il processo di misura sia costituito dalle seguenti fasi: l’inizio della misura, sancito dall’occupazione delle rispettive posizioni I per il pendolo e la macchina (vedi figura 1-a); il raggiungimento delle posizioni intermedie II e III per l’autovettura dopo mezza oscillazione e ¾ dell’oscillazione totale, rispettivamente (vedi figura 1-b e 1-c); la conclusione del tragitto compiuto dalla macchina, che occupa la posizione IV, dopo un intero periodo (vedi figura 1-d). Come si evince dall’esempio, per condurre una misura di tempo dobbiamo specificare e mettere in relazione le posizioni relative del fenomeno con quelle del moto periodico scelto. Se ciò non dovesse essere precisato, non saremmo in grado di determinare la durata del fenomeno. In ogni caso, in generale, possiamo pensare la misura del tempo come un mero “conteggio” di periodi scelti come unità di misura.


Precedentemente, abbiamo menzionato l’ipotesi di tempo assoluto, la quale garantisce che tutti gli osservatori misurino lo stesso intervallo temporale in riferimento allo stesso fenomeno. Tuttavia, bisogna precisare che quando si effettua una misura, è necessario specificare sempre la “procedura” eseguita, poiché si potrebbe generare disaccordo quando si confrontano singole misure condotte da differenti posizioni relative.
Per fare un esempio, consideriamo il problema della misura della durata di un giorno. Per un osservatore sulla Terra, è naturale definire il giorno come l’intervallo temporale compreso tra due passaggi consecutivi del Sole per lo stesso punto nel cielo, ad esempio il sud locale (vedi figura 2-a e 2-c). Così facendo, tale osservatore può definire la durata di un giorno come 24h solari. Ad ogni modo, sempre lo stesso osservatore potrebbe definire il giorno non considerando il Sole come riferimento, bensì un’altra stella (vedi figura 2-a e 2-b): in tal caso, egli definirà la durata del giorno come 24h siderali. Tali procedure portano alle definizioni rispettivamente di giorno solare e giorno siderale. Ciononostante, queste misure di tempo non coincidono, ma differiscono per circa 4 minuti: il giorno siderale è pari a circa 23h 56m solari. A causa di ciò, fissata un’ora della notte, la volta celeste cambia durante il corso dell’anno.


Questa differenza, tra il giorno solare e il giorno siderale, è dovuta alla particolare combinazione di moti che la Terra compie intorno al Sole. Infatti, la Terra compie, oltre al moto di rotazione intorno al proprio asse, un moto di rivoluzione intorno al Sole: dalla Figura 2-b si evince che, dopo aver compiuto un giro completo intorno al proprio asse, la freccia blu (che individua la linea di vista dell’osservatore sulla Terra) non punterà verso il Sole, poiché mentre ruota attorno al proprio asse la Terra si sposta rispetto al Sole. Per completare un giro completo rispetto al Sole, la Terra deve compiere un’ulteriore rotazione di 1° circa attorno al proprio asse, vedi Figura 2-c. La particolare combinazione dei moti comporta che un giro completo della Terra è completato dopo 360° se osservato dalle stelle (osservatore posto all’infinito), mentre 361° se visto dal Sole (osservatore posto al finito). Dunque, la Terra impiega tempi diversi per compiere un giro completo su se stessa se osservata da questi due punti distinti dello spazio: quando per l’osservatore solidale con le stelle (posto all’infinito) la Terra ha compiuto una rotazione completa, per l’osservatore solidale con il Sole (posto al finito) la Terra deve ancora compiere una leggera rotazione di un grado. In definitiva, il moto di rotazione della Terra non è visto in modo assoluto dalle due posizioni, ma è relativo: dipende dalla posizione scelta.
L’esempio mostrato mette in evidenza come il moto relativo possa far apparire un comune fenomeno temporalmente dilatato se osservato da punti diversi, contraddicendo apparentemente l’idea di tempo assoluto! Infatti, questa circostanza è semplicemente il riflesso del legame intrinseco tra processo di misura del tempo (descritto sopra) e posizioni relative degli osservatori.
Tuttavia, in meccanica classica, non viene data molta importanza concettuale al problema messo in evidenza. Infatti, per poter confrontare le durate temporali bisogna stabilire correttamente le procedure seguite, così da evitare problemi nel confronto dei rispettivi risultati. Questo empasse descrittivo viene superato con il concetto di sincronizzazione. La sincronizzazione è quella procedura che permette di recuperare una coerenza nelle descrizioni di un comune fenomeno fisico condotte da differenti osservatori. In ogni caso, quello che conta è come il fenomeno appare agli osservatori: essi devono convenire nel definire unanimemente l’evento iniziale e l’evento finale che caratterizza il fenomeno osservato e condurre solo dopo le rispettive misure. A valle di ciò possono confrontare i risultati delle misure.
Sebbene la meccanica classica superi il problema messo in evidenza con la sincronizzazione, il relativismo della misura di tempo è sperimentato quotidianamente da ognuno di noi: quante volte è capitato di passare del tempo con una persona con la quale un’ora di orologio sembrava un’eternità, ma con un’altra persona lo stesso intervallo temporale passava in un attimo. La differenza nella percezione del tempo è legata all’irrazionalità del sentimento che ci lega ad un’altra persona: sentimenti differenti, quali noia ed amore, portano ad una percezione differente del tempo che passa.
Il tempo è qualcosa di più complesso rispetto alla grandezza misurata con gli orologi: infatti, in essa è presente anche una natura irrazionale, legata al tempo che percepiamo. In generale, non sono solo i sentimenti che fanno scorrere in modo differente il tempo, bensì anche le azioni compiute: ogni ambito umano ha un modo proprio di esprimere e percepire il trascorrere del tempo. Nell’arte, per esempio, si vive l’eterno rapporto non razionale tra il tempo percepito da chi osserva l’opera e l’istante di tempo scelto e fissato dall’artista. Ad esempio, nel quadro “Gli amanti” di René Magritte (vedi immagine sopra), l’artista congela l’istante percepito dai due amanti, proiettandolo nell’eternità di chi lo osserva. In altre parole, l’opera dilata irrazionalmente il tempo percepito. Per quanto nessuno sappia quanto tempo (d’orologio) hanno trascorso i due amanti nel “completarsi” a vicenda, Magritte suggella con l’istante di quell’ultimo bacio l’irrazionalità di un’intera vita trascorsa insieme, rendendola eterna e universale (assoluta).
In ogni caso, per concludere, l’introduzione del concetto di sincronismo e la rinuncia dell’istantaneità storicamente hanno contribuito ad abbandonare, anche in fisica, l’idea che il tempo e lo spazio sono concetti assoluti, gettando di fatto nel corso dei decenni le basi della relatività di Einstein.
Una volta esaurita la domanda sul significato e la misura del tempo, viene spontaneo chiedersi: qual è il contributo di Einstein? Per questo e tanto ancora, restate (ora più che mai) sincronizzati…
A cura di Sara Aliberti Rufrano e Antonio Stabile
(1) Vedi i precedenti capitoli di DarSigrav “In principio la relatività” e “La relatività su strada”.
(2) In fisica, un evento è un fenomeno che avviene in un determinato punto dello spazio ed in un determinato istante di tempo.
(3) Nelle trasformazioni di Galilei, l’informazione di tempo assoluto è contenuta nell’equazione t’=t. Se consideriamo un intervallo temporale finito, ne segue che Δt’=Δt: la durata temporale misurata dai due osservatori è identica. Inoltre, se Δt>0 anche Δt’>0: l’ordine cronologico tra due eventi è preservato per tutti gli osservatori.
(4) Vedi DarSigrav “la relatività su strada”.