ASTRONOMIA MULTIMESSAGGERA: I CANTASTORIE DEL COSMO – ATTO II – LE MICROONDE (PARTE 1)

È notte fonda e non riuscite a dormire. Ogni sforzo per conciliare il sonno è stato inutile e, alla fine, decidete di andare in cucina per prepararvi del latte caldo. Riempite il bicchiere e lo riponete, con un gesto ormai automatico, in quella strana scatola bianca che tutti abbiamo in cucina da qualche parte. Fate partire la scatola, si accende una luce e il bicchiere ruota su un piatto girevole. Si sente un secco “ding” ed ecco pronto il vostro bicchiere di latte caldo fumante. All’interno della scatola qualcosa d’invisibile ha interagito con il latte, riscaldandolo. Ma è troppo tardi e siete troppo stanchi per interrogarvi sui processi fisici che hanno coinvolto la vostra bevanda calda e vi limitate a sorseggiarla, sempre più assonnati, mentre guardate il cielo notturno dalla finestra. Come si scoprirà nel corso di quest’articolo, quel “qualcosa” che ha riscaldato il latte, permea il cosmo in ogni direzione e può raccontarci la storia delle storie, un racconto, per quanto ancora pieno di misteri e di interrogativi, in grado di soddisfare il desiderio innato dell’uomo di conoscere l’inizio delle cose: l’origine dell’universo.

Continuiamo, quindi, con il nostro viaggio nell’astronomia multimessaggera, conoscendo i nostri nuovi cantastorie: le microonde. 

Le microonde sono un tipo di radiazione elettromagnetica che si trova tra le onde radio e gli infrarossi. Queste onde hanno un range di frequenze comprese tra 1 GHz (Giga Hertz), corrispondente ad una lunghezza d’onda di circa 30 cm, fino a 300 GHz, corrispondente ad una lunghezza d’onda di 1 mm1.

Figura 1) Lo spettro elettromagnetico, ovvero l’insieme di tutte le frequenze e lunghezze d’onda che la radiazione elettromagnetica può assumere.

Le microonde sono abbastanza simili alle onde radio e, quindi, sono largamente utilizzate nell’ambito delle telecomunicazioni. A produrre per la prima volta, in modo artificiale, un segnale a microonde fu il fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz che abbiamo già incontrato nell’articolo precedente. Tra le varie applicazioni tecnologiche degne di nota, vi è sicuramente il radar. Fu inventato durante la Seconda Guerra Mondiale per scopi bellici. La parola “Radar” è un acronimo per “RAdio Detection And Ranging”. I radio ingegneri britannici si resero conto che onde radio più corte, ovvero nel range delle microonde, potevano rimbalzare su oggetti distanti come navi o aerei. Il segnale di ritorno poteva essere rilevato da antenne direzionali rendendo, così, nota la loro posizione. Ma il dispositivo che ha messo sulla bocca di tutti le microonde è sicuramente la nostra scatola bianca: il forno a microonde. Questo apparecchio è in grado di riscaldare solo oggetti contenenti acqua, sottoponendoli ad un campo elettromagnetico nella frequenza delle microonde. Cibo e bevande (ma in realtà tutta la materia organica) sono estremamente ricche d’acqua e all’interno del microonde, dopo pochi minuti, diventano bollenti. Il piatto o il bicchiere, contenenti il cibo, dopo un po’ si riscaldano solo perché sono in contatto con il loro contenuto caldo. Infatti, se mettiamo all’interno del forno solo il piatto o il bicchiere, rimarranno freddi. La spiegazione di ciò risiede nelle proprietà delle molecole d’acqua. Quest’ultime sono dette “polari”, ovvero costituite da zone con una carica elettrica positiva e zone con una carica elettrica negativa, come si può osservare in figura 2.

Figura 2) Una molecola d’acqua è costituita da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. A causa della disposizione degli elettroni nella molecola, si formano dei poli debolmente carichi positivamente in corrispondenza degli atomi di idrogeno ed un polo debolmente carico negativamente in corrispondenza dell’atomo di ossigeno.

Le onde elettromagnetiche, come abbiamo imparato nell’articolo precedente, sono costituite da campi elettrici e magnetici oscillanti che possono interagire con le particelle cariche, facendole oscillare a loro volta. Quindi, quando attiviamo il timer del microonde, innanzitutto, entra in funzione il magnetron, un generatore che serve a produrre le microonde. Le onde vengono irradiate all’interno del vano del forno dove possono entrare in contatto con il cibo. Infine, le microonde interagiscono con le molecole d’acqua e, grazie alla loro particolare frequenzae al fatto che le molecole d’acqua sono polari, le fanno oscillare. Le molecole iniziano, quindi, a “strofinarsi” l’una contro l’altra generando calore per frizione (come quando ci sfreghiamo le mani per riscaldarle). Questo calore può essere sufficiente a cuocere il cibo che abbiamo inserito nel microonde. Inoltre, dato che le onde elettromagnetiche, come abbiamo detto, possono interagire con le particelle cariche, è fortemente sconsigliato inserire materiali metallici all’interno del forno a microonde. Infatti,sulla superficie dei metalli ci sono un gran numero di elettroni che possono muoversi liberamente. Gli elettroni sono particelle cariche negativamente che, quando si muovono in modo ordinato, ad esempio attraverso un conduttore, formano una corrente elettrica. Se mettiamo un metallo, anche un foglio di alluminio, nel microonde, il campo elettromagnetico generato all’interno del forno, interagendo con gli elettroni liberi, li “forzerà” a muoversi in modo ordinato. Questo produrrà una corrente nel metallo e, conseguentemente, piccole scintille o, nel peggiore dei casi, degli incendi. Quindi, è bene utilizzare contenitori adatti e non avvolgere il cibo nell’alluminio prima di porlo nel microonde. Infine, vediamo un piccolo ma interessante esperimento che è possibile fare grazie alla nostra scatola bianca. Innanzitutto, possiamo modellizzare, in modo estremamente semplificando, le microonde che vengono propagate all’interno del forno come in figura 3.

Figura 3) Modellizzazione iper-semplificata delle onde elettromagnetiche che si propagano nel forno a microonde.

Nonostante il modello semplificato, è estremamente efficace per capire il concetto alla base dell’esperimento. L’onda elettromagnetica è energia che si propaga nello spazio con un andamento simile a quello raffigurato in figura 3. Dove l’ampiezza dell’onda è massima, ovvero in corrispondenza dei picchi, vi è la massima intensità dell’energia dell’onda. La distanza tra due picchi è detta lunghezza d’onda ʎ (lambda). Ora vediamo, praticamente, in cosa consiste l’esperimento. Per prima cosa dobbiamo rimuovere il piatto girevole dal microonde, in modo tale che ciò che andremo ad inserire nel forno non ruoti ma resti fermo. Come scelta per il cibo possiamo utilizzare, ad esempio, una barretta di cioccolata. Riponiamola all’interno del forno e attiviamo il microonde per qualche minuto. Cacciata fuori la barretta, noteremo che si sarà maggiormente sciolta in due punti distinti. Quei due punti corrispondono proprio a due picchi dell’onda, dove la sua intensità è maggiore. Misurando con un righello la distanza tra i due punti, possiamo ricavare la lunghezza d’onda delle microonde generate dal forno. Inoltre, sapendo il valore di ʎ e applicando la formula f = c/ʎ , dove “f” è la frequenza e “c” è la velocità della luce nel vuoto, possiamo anche ricavare la frequenza delle microonde2. Ecco, quindi, spiegata la necessità del piatto girevole: il cibo, ruotando, si riscalderà o cuocerà in maniera omogenea e non solo in alcuni punti. Dopo questa breve introduzione sulle applicazioni tecnologiche delle microonde, passiamo, ora, alla trattazione dell’argomento principale di quest’articolo: la radiazione cosmica di fondo a microonde e quello che ci ha raccontato sulle origini ed evoluzione del nostro universo.

Iniziamo la nostra storia facendo un salto nel tempo nei primi anni ’60. Siamo nel 1964 e i Bell Telephone Laboratory, di cui abbiamo già parlato nel precedente articolo, disponevano di una strana antenna radio sulla Crawford Hill in Holmdel, nel New Jersey. In particolare, si trattava di un telescopio a microonde di ultima generazione, a forma di corno di 6 metri di diametro. Ad occuparsi del funzionamento dell’antenna erano due radioastronomi. Facciamo, quindi, la conoscenza dei nostri primi protagonisti: Arno A. Penzias e Robert Wilson.

Figura 4) Penzias (a destra) e Wilson (a sinistra) di fronte alla loro antenna.

I due cominciarono ad usare l’antenna per misurare l’intensità delle onde radio emesse dalla nostra galassia, la Via Lattea. Questo tipo di misure sono estremamente difficili in quanto i segnali sono sempre contaminati da diversi tipi di “rumore” che sporcano, per così dire, i dati. Infatti, le onde radio, provenienti dalle radio sorgenti astronomiche, sono anch’esse una sorta di rumore, simile a quel rumore statico che si sentiva nelle vecchie televisioni quando non c’era segnale. Abbiamo, così, un mare di segnali, simili tra loro, difficilmente separabili. I possibili rumori che possono contaminare i dati sono principalmente: il rumore elettrico prodotto dai moti casuali degli elettroni all’interno dei circuiti dell’antenna, che è anche il più difficile da eliminare, e il rumore radio proveniente dall’atmosfera. La presenza di questi rumori non è molto grave quando si vuole studiare una sorgente “piccola” o puntiforme, come una stella o una galassia lontana. Infatti, basta puntare l’antenna sulla sorgente e poi sul cielo vuoto vicino. Puntando “a vuoto”, vicino alla sorgente, tutti i segnali che vengono captati saranno quelli spuri, provenienti dall’antenna o dall’atmosfera. Indentificati in questo modo, sono poi facilmente eliminabili. In questo caso, tuttavia, Penzias e Wilson volevano misurare le onde radio provenienti dalla nostra galassia e, quindi, dovevano necessariamente puntare l’antenna su tutto il cielo! Era perciò estremamente importante eliminare qualsiasi tipo di rumore che potesse avere origine all’interno dell’antenna. I due, per ovviare al problema, utilizzarono un dispositivo noto come “carico a freddo”, con cui riuscirono ad eliminare gran parte del rumore elettrico prodotto dall’antenna. Per quanto riguardo i rumori provenienti dall’ atmosfera, questi erano facilmente identificabili e sottraibili dai segnali. Iniziarono, quindi, le osservazioni alla lunghezza d’onda di 7,35 cm. Nella primavera del 1964, con una certa sorpresa, Penzias e Wilson si accorsero che l’antenna stava captando una grande quantità di rumore proveniente da ogni direzione. Inoltre, le caratteristiche di quel rumore non cambiavano mai. Si trattava di un fondo a microonde che pareva provenire da ben più lontano della nostra Via Lattea. I due si misero a lavoro per verificare se vi fosse dell’ulteriore rumore elettrico proveniente dall’antenna. In particolare, si occuparono di “eliminare” una coppia di piccioni che aveva nidificato nell’imbuto dell’antenna. Dopo un primo tentativo pacifico di allontanamento, i volatili si ripresentarono nell’antenna. A quanto pare la seconda volta ci fu di mezzo una pistola. I piccioni, durante il loro soggiorno, avevano tappezzato l’imbuto dell’antenna con quello che Penzias definì “un bianco materiale dielettrico”. Nel 1965, fu possibile ripulire accuratamente l’antenna ma non servì a nulla: quel rumore era ancora presente. I due avevano scoperto, completamente per caso, un qualcosa che, da lì a poco, avrebbe rivoluzionato la cosmologia spingendo la nostra conoscenza dell’universo fino alle sue origini: la radiazione cosmica di fondo a microonde, l’eco del Big Bang

Per ora, la nostra storia s’interrompe qui: come negli episodi delle migliori serie tv, il meglio viene sempre nella puntata successiva. Ci vediamo tra due settimane con la seconda parte.

A cura di Giuseppe Lamberti

     BIBLIOGRAFIA

1 Per maggiori informazioni sulle caratteristiche delle onde, come il significato di frequenza e lunghezza d’onda, si veda l’introduzione dell’articolo precedente “I CANTASTORIE DEL COSMO – ATTO I – LE ONDE RADIO”.

2 Ciò che effettivamente si dovrebbe misurare è una distanza tra i due punti di circa 10 cm e, quindi, applicando la formula f = cʎ , una frequenza di circa 2,4-2,5 GHz che è quella della maggior parte dei microonde.

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