Eccoci al terzo appuntamento con la rubrica “Stellar(t)e”. Stavolta la Luna non si limita a fare da cornice, bensì diventa protagonista del pensiero poetico di Alda Merini. Buona lettura. Scrive Melina: “La Luna. incantevole e meraviglioso satellite! Fonte di ispirazione, di poeti, canzoni e sceneggiature di racconti. Testimone silenziosa della solitudine, dell’inquietudine, della malinconia ma anche dell’ amore e dei sogni dell’animo umano. Pertanto diviene protagonista di tantissimi versi, che regalano poesie stupende sulla Luna. Tra le tante, oggi ho scelto Canto alla luna di Alda Merini”.
“Canto alla luna” Alda Merini
La luna geme sui fondali del mare,
o Dio quanta morta paura
di queste siepi terrene,
o quanti sguardi attoniti
che salgono dal buio
a ghermirti nell’anima ferita.
La luna grava su tutto il nostro io
e anche quando sei prossima alla fine
senti odore di luna
sempre sui cespugli martoriati
dai mantici
dalle parodie del destino.
Io sono nata zingara, non ho posto fisso nel mondo,
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò il tuo momento
quanto basti per darti
un unico bacio d’amore.
È un pathos quasi disperato, arroccato nel buio che troppo spesso caratterizza la condizione umana, soprattutto se a guidarlo è la malattia, il morbo che chiama la morte. Ma anche l’oscurità può essere illuminata dalla luce della speranza, che da flebile può divenire persino forte. È ciò che si evince nell’ultima parte della poesia, in cui si comprende come un’anima afflitta dal tetro destino possa ancora brillare sotto la luce della Luna, che segue ogni cosa, l’anima, i sensi e i sentimenti dialettici. E quella luce guida all’amore, che ancora riesce a sollevare il cuore turbato dell’autrice. E anche se si sente una zingara, una nomade errante nel mondo e nella vita, la luce della Luna, che è luce d’amore, riesce, seppur per un tempo limitato e fugace, a riportarla in vita, rischiarando le tenebre di una lenta morte dell’anima e fisica.
A cura di Carmela Coletta
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