ASTRONOMIA MULTIMESSAGGERA – I CANTASTORIE DEL COSMO – ATTO V – GLI ULTRAVIOLETTI (PARTE 1)

Immaginate di trovarvi in uno splendido giardino. Siete circondati da fiori e alberi di ogni genere che crescono rigogliosi dovunque intorno a voi. Il Sole splende in cielo e l’aria è limpida e tiepida, la giornata perfetta per stare all’aperto in mezzo alla natura. Non vedete l’ora, quindi, di essere travolti dalla spettacolare visione di colori d’ogni tipo e dalle mille sfumature, brillanti e luminosi, quasi come se vi trovaste in un dipinto di Monet o Klimt. Tuttavia, iniziando a guardarvi intorno, notate subito che c’è qualcosa di strano e surreale in quanto il paesaggio che vi circonda è incredibilmente diverso da ciò che vi aspettavate. Confusi, forse un po’ spaventati ma incuriositi, iniziate ad osservare con più attenzione la vegetazione: le foglie degli alberi e l’erba, che dovrebbero essere di un verde acceso, sono invece di un verde scuro quasi blu, fiori che ricordavate essere di un bianco candido hanno un colore misto tra il blu e il verdastro ed altri ancora, invece, sono addirittura neri. Dovunque volgete lo sguardo, inoltre, osservate numerose sfumature del blu e del violetto, che insieme agli assurdi fiori neri, creano un’atmosfera quasi macabra. Ma non dovete preoccuparvi, non state delirando né siete diventati i protagonisti di una storia dell’orrore. In questo sogno ad occhi aperti eravate dotati della vista di un’ape. Le api, così come altri insetti e alcune specie di uccelli e rettili, vedono il mondo nel modo bizzarro appena descritto1 in quanto i loro recettori visivi sono sensibili ad una parte dello spettro elettromagnetico, invisibile ai nostri occhi, di cui ci occuperemo in questo articolo: la radiazione ultravioletta o UV. Questi animali hanno, infatti, la vista spostata verso frequenze più alte rispetto a quella umana, non riescono a vedere il rosso (ecco perché nella nostra storia alcuni fiori erano neri: si trattava di fiori rossi, colore che le api non possono percepire e che, quindi, vedono nero) e sono in grado di percepire la radiazione UV, che vedono come un’ulteriore gradazione del violetto.

Figura 1) La visione di un’ape, ma anche di altre specie animali, è spostata verso l’ultravioletto. Ovvero, il range di frequenze (o lunghezze d’onda) a cui i loro recettori visivi sono sensibili è spostato verso frequenze più alte rispetto a quello della visione umana. Non possono percepire il rosso e sono sensibili agli ultravioletti.
Figura 2) Rappresentazione di come un’ape può vedere un fiore.

Immergiamoci, quindi, in un nuovo viaggio nell’astronomia multimessaggera alla scoperta degli ultravioletti. Ma prima di addentrarci nei racconti cosmici che i nostri nuovi cantastorie ci possono narrare sull’universo, come di consueto, dedicheremo questa prima parte alla storia della scoperta di questo tipo di radiazione e alle sue più importanti applicazioni in ambito tecnologico e medico.

Diamo inizio alla nostra storia facendo un salto indietro nel tempo e ritornando nel 1800 dal nostro William Herschel, che abbiamo ampiamente imparato a conoscere nei precedenti articoli. In quell’anno, come già visto, l’astronomo fu l’artefice di una scoperta fondamentale per la fisica. Herschel, tramite un semplice esperimento (si veda l’articolo I CANTASTORIE DEL COSMO – ATTO III – GLI INFRAROSSI – PARTE 1), rivelò un nuovo tipo di “luce” invisibile, la radiazione infrarossa, che si trova al di sotto del rosso nello spettro visibile. Questa incredibile scoperta si diffuse a macchia d’olio tra la comunità scientifica e giunse all’attenzione di un giovane e brillante scienziato dell’epoca, il chimico e fisico tedesco Johann Wilhelm Ritter. Ritter nacque nel 1776 a Samitz, un villaggio nella Slesia (ora appartenete alla Polonia). Dopo aver passato gran parte della sua adolescenza come apprendista in una farmacia, nel 1795 riuscì ad iscriversi all’università di Jena dove studiò medicina. Qui si appassionò anche allo studio della chimica e della fisica e, in particolare, svolse numerosi esperimenti su un tema particolarmente d’interesse per l’epoca, ovvero l’elettricità. Oltre a ciò, Ritter fu molto colpito dagli studi sulla “luce invisibile sotto il rosso” di Herschel e si chiese se vi fosse qualcosa di simile, in modo simmetrico, sopra il violetto, dall’altra parte dello spettro visibile. Come spesso accade, il progresso scientifico è alimentato dalla capacità di uomini particolarmente curiosi e attenti di porsi le domande giuste e Ritter fu sicuramente uno di questi. Lo scienziato, quindi, ideò un esperimento per testare la sua idea. Grazie alle sue conoscenze chimiche sapeva che il cloruro d’argento, un sale d’argento di colore bianco, è un materiale fotosensibile, cioè diventa scuro se colpito dalla luce. Esso, infatti, viene largamente impiegato per la produzione delle pellicole fotografiche. Ritter, quindi, come aveva fatto Herschel, utilizzò un prisma per scomporre la luce (solare) nel suo spettro di colori. Tenendo a mente le proprietà del cloruro d’argento, espose della carta fotografica (realizzata appunto con sali d’argento) allo spettro della luce. Osservò che in corrispondenza del rosso, la carta rimaneva pressoché invariata, mentre nei pressi del violetto diventava nera. Inoltre, ponendo la carta fotografica anche oltre la banda del violetto, dove non vi era nessuna luce visibile, con estrema sorpresa notò che la pellicola si scuriva ancora più velocemente (vedi Figura 3).

Figura 3) Schematizzazione dell’esperimento di Ritter. Come si può osservare, la carta fotografica viene esposta allo spettro visibile della luce e diventa di colore nero nei pressi del violetto e oltre, provando la presenza di un altro tipo di “luce” invisibile ai nostri occhi.

Un anno dopo la scoperta degli infrarossi, ecco la prova schiacciante che permise di “ascoltare” un ulteriore tipo di “luce” invisibile, la radiazione ultravioletta, dal latino “ultra” che vuol dire “al di sopra”, al di sopra del violetto.

Figura 4) Ritratto di Johann Wilhelm Ritter. Lo scienziato tedesco si occupò, oltre della scoperta degli ultravioletti, principalmente dello studio dell’elettricità. Condusse vari esperimenti sulle celle elettrolitiche, realizzando una batteria migliore di quella ideata da Alessandro Volta. Sfortunatamente, a causa di difficoltà finanziare e condizioni di salute precarie, aggravate da esperimenti di stimolazione elettrica che eseguiva su sé stesso, morì giovane, all’età di 33 anni.

Da un punto di vista fisico, quindi, gli ultravioletti sono un tipo di radiazione che occupa la porzione dello spettro elettromagnetico appena sopra il violetto della luce visibile. Il range di lunghezze d’onda degli UV va dai 400 ai 10 nm (nanometri). Come si può osservare in Figura 5, gli UV sono caratterizzati, quindi, da una lunghezza d’onda minore (e frequenza maggiore) rispetto a quella della luce visibile.

Figura 5) Spettro elettromagnetico. Come si può facilmente osservare, la radiazione ultravioletta si trova al di sopra del violetto (dal latino “ultra” che vuol dire “al di sopra”) fino ad una lunghezza di 10-8 m ovvero 10 nanometri, e al di sotto dei raggi X.

In particolare, possiamo suddividere gli ultravioletti in tre bande principali a seconda delle diverse lunghezze d’onda che possono assumere. Gli UV-A hanno lunghezze d’onda comprese tra i 400 e i 315 nanometri. Sono i più vicini (in termini di lunghezza d’onda e frequenza) alla radiazione visibile e possono attraversare indisturbati l’atmosfera terrestre. Questi sono la tipologia di raggi UV visibili alle api e sono fondamentali per diversi processi biochimici nel nostro organismo come la produzione di vitamina D. Tuttavia, una costante ed elevata esposizione a quest’ultimi può comunque danneggiare la nostra pelle e aumentare la probabilità di sviluppare tumori come il melanoma. Gli ultravioletti, infatti, a differenza degli altri tipi di radiazioni viste finora, sono abbastanza energetici da poter penetrare in profondità nelle cellule umane e danneggiare il DNA al loro interno. Per questo motivo, anche in inverno, soprattutto se si praticano frequentemente attività all’aperto, è bene utilizzare periodicamente la protezione solare per proteggere la nostra pelle. Abbiamo poi gli UV-B, gli ultravioletti medi, aventi lunghezze d’onda comprese tra i 315 e 280 nm. Dannosi per il nostro organismo, sono i responsabili delle scottature e di altre malattie della pelle. Fortunatamente, il 95% degli UV-B che arrivano verso la Terra (dal Sole) è schermato e assorbito dall’atmosfera terrestre, in particolare dallo strato di ozono. Infine, abbiamo gli UV-C, l’ultravioletto lontano, che vanno dai 280 ai 10 nm di lunghezza d’onda. Si tratta della porzione più energetica della radiazione ultravioletta, ovvero quella con lunghezze d’onda minori e, quindi, frequenze maggiori. Gli UV-C sono i più pericolosi per la nostra salute ma sono completamente assorbiti dall’atmosfera terrestre.

Concludiamo questa prima parte con una panoramica dei principali impieghi tecnologici della radiazione ultravioletta. Una delle applicazioni più note degli UV sono sicuramente le lampade abbronzanti. Esse sono apparecchiature in grado di emettere raggi UV-A, i meno dannosi per il nostro corpo, consentendo a chi le usa di ottenere un’abbronzatura artificiale. Anche se apparentemente sembrano essere prive di effetti negativi, vi sono comunque dei dubbi sulla loro sicurezza, dato che, come visto prima, ci sono studi che hanno mostrato la possibile pericolosità sul lungo termine degli UV-A. Altre applicazioni sono le lampade UV o lampade di Wood e le lampade fluorescenti. Le prime sono lampade che emettono prevalentemente radiazione ultravioletta. Il vetro di cui è realizzata la lampada può far passare un po’ di luce visibile per far capire se quest’ultima è accesa o meno.

Figura 6) Lampada UV.

Le lampade fluorescenti sono, invece, lampade UV che emettono luce visibile grazie al fenomeno della fluorescenza, che coinvolge alcune tipologie di sostanze. Queste sono in grado di assorbire la radiazione ultravioletta e, in risposta, emettere luce visibile. Le lampade in esame sono, quindi, lampade UV rivestite da materiali fluorescenti i quali, colpiti dagli ultravioletti, emettono luce.

Infine, gli ultravioletti sono largamente utilizzati in ambito industriale e sanitario per le loro forti capacità germicide e sterilizzanti. Prima abbiamo accennato come i raggi UV siano abbastanza energetici da poter danneggiare i nostri tessuti e il materiale genetico all’interno delle cellule. Possono fare lo stesso con virus e batteri che vengono completamente eliminati se esposti agli UV. Le lampade ultraviolette sono, quindi, armi fondamentali nell’arsenale a disposizione degli impianti idrici per potabilizzare l’acqua e degli ospedali e laboratori per sterilizzare ambienti e strumenti.

Concludiamo qui questa prima parte. La prossima sarà dedicata al tema principale di quest’articolo, ovvero l’astronomia ultravioletta, sul perché è importante osservare l’universo tramite questa radiazione e quali sono e sono stati gli strumenti in grado di farci “ascoltare” le storie cosmiche che questo nuovo cantastorie può raccontarci sui corpi celesti.

NOTE

1 Le api possono percepire anche i campi elettrici emessi dai fiori e, per chi mastica un po’ di elettromagnetismo, la luce polarizzata, cioè radiazione elettromagnetica che si propaga in una sola direzione. Per approfondire https://www.beeculture.com/bees-see-matters/.

BIBLIOGRAFIA

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