Gli indicatori tradizionali utilizzati per identificare la abitabilità di esopianeti, come la presenza di acqua o di ossigeno atmosferico, potrebbero risultare difficili da rilevare per gli osservatori futuri. In uno studio pubblicato su Nature Astronomy, un gruppo di ricercatori dell’Università di Birmingham, nel Regno Unito, propone l’utilizzo di una nuova firma come indicatore più efficace della presenza di acqua liquida sugli esopianeti. Una bassa concentrazione di carbonio, insieme a tracce di ozono, nell’atmosfera di un pianeta roccioso temperato potrebbe indicare la presenza di una quantità significativa di acqua liquida, attività tettonica e biomasse.
L’anidride carbonica emerge come un indicatore efficace, più facilmente misurabile con il James Webb Space Telescope (JWST) e i nuovi strumenti disponibili.
Quando ci riferiamo a condizioni favorevoli per la vita, intendiamo un pianeta posizionato a una certa distanza dalla sua stella madre, in modo da permettere la presenza di acqua liquida in superficie. Pianeti troppo vicini alla stella sarebbero eccessivamente caldi (come Mercurio), mentre quelli troppo lontani sarebbero troppo freddi.
Finora sono stati scoperti numerosi pianeti in questa zona abitabile, ma determinare se siano effettivamente idonei alla vita risulta complesso. Tra gli indicatori principali di abitabilità oggi considerati, la presenza di acqua è fondamentale, ma individuarla non è semplice. Questo nuovo approccio offre una nuova prospettiva nella ricerca di segnali di abitabilità.
La scarsa presenza di anidride carbonica su un pianeta, rispetto agli altri del suo sistema, suggerisce ai ricercatori la presenza di acqua liquida e, probabilmente, di forme di vita. Gli oceani, infatti, hanno la capacità di assorbire notevoli quantità di anidride carbonica. Il professor Amaury Triaud dell’Università di Birmingham afferma che misurare la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera di un pianeta è relativamente semplice grazie alla sua forte assorbenza nell’infrarosso.
L’approccio di confrontare la quantità di CO2 nelle atmosfere di diversi pianeti consente di identificare quelli con oceani, più idonei a sostenere la vita. Questo concetto è supportato dal fatto che sulla Terra, nonostante l’originaria atmosfera ricca di CO2, il carbonio si è dissolto negli oceani, permettendo la vita nel corso di miliardi di anni.
Questi studi non solo contribuiscono alla comprensione della abitabilità di esopianeti ma possono anche fornire informazioni rilevanti per comprendere la crisi climatica terrestre. Ad esempio, pianeti come Venere, simile alla Terra ma inabitabile a causa dell’abbondanza di carbonio nella sua atmosfera, offrono spunti preziosi per valutare gli effetti dei livelli di carbonio su un pianeta.
I ricercatori hanno individuato una strategia efficace per determinare l’abitabilità di un pianeta nell’utilizzo di questa nuova firma. Il primo passo consiste nel confermare la presenza di un’atmosfera cercando tracce di anidride carbonica nei transiti registrati con strumenti come il JWST. La seconda fase implica l’osservazione di numerosi transiti per determinare con precisione l’abbondanza di anidride carbonica.


Va sottolineato che la presenza di acqua non implica necessariamente la presenza di vita. Altri indicatori, come la presenza di ozono, possono aumentare la probabilità di vita su un pianeta. Gli organismi sulla Terra che assorbono CO2 rilasciano ossigeno, che, reagendo con la luce ultravioletta, si trasforma in ozono, una molecola osservabile negli spettri.
Il cuore di questo lavoro è la rivelabilità di queste firme per determinare l’abitabilità di un pianeta. L’anidride carbonica e l’ozono sono più facilmente osservabili con gli strumenti attuali, in particolare con il JWST. Attualmente l’attesa è focalizzata sulla scoperta del primo pianeta con elevata probabilità di essere abitabile.
Autore: Vito Saggese
Fonti:
https://www.media.inaf.it/2024/01/03/ozono-co2-acqua-stato-liquido/