TECNOFIRME E OSSIGENO: IL RUOLO CHIAVE NELLO SVILUPPO DI CIVILTÀ TECNOLOGICHE

Il recente studio pubblicato su Nature Astronomy, scritto da Amedeo Balbi, professore associato all’Università di Tor Vergata, e Adam Frank, professore di fisica e astronomia all’Università di Rochster, affronta il complesso tema dello sviluppo delle forme di vita intelligenti e la sua connessione con l’ossigeno.
Questo lavoro va oltre il tradizionale legame tra ossigeno e vita, esplorando anche la relazione tra ossigeno, lo sviluppo di tecnologie avanzate e la capacità di produrre tracce tecnologiche, note come tecnofirme.

Il concetto di tecnofirme viene introdotto per riferirsi a tracce lasciate da forme di vita in grado di alterare l’ambiente attraverso la tecnologia, come segnali radio, illuminazione artificiale o inquinamento atmosferico.

Il ruolo fondamentale dell’ossigeno nella presenza di forme di vita sul nostro pianeta è innegabile. Gli elevati livelli di ossigeno hanno contribuito all’emergere della multi-cellularità e al conseguente sviluppo della vita animale.
Ma l’ossigeno non si limita solo a essere la “molecola della vita”, è anche un attore chiave nello sviluppo tecnologico, essendo essenziale per la combustione.

La quantità di ossigeno necessaria per sostenere la vita e lo sviluppo di specie tecnologiche diventa un punto centrale del lavoro.
“La respirazione aerobica, ovvero basata sull’ossigeno, è stata determinante per apportare l’energia indispensabile all’evoluzione degli organismi multicellulari sul nostro pianeta. La chimica ci dice che questo meccanismo sarebbe il più efficiente anche su altri pianeti, perché nella tavola periodica non esistono elementi altrettanto vantaggiosi dell’ossigeno, in termini energetici, nelle reazioni di interesse biologico. Inoltre, l’aumento della concentrazione di ossigeno nell’atmosfera si è accompagnato allo sviluppo di organismi sempre più grandi” afferma Amedeo Balbi in un’intervista rilasciata per Media INAF.

Credit: University of Rochester illustration / Michael Osadciw

Il focus si sposta sulla soglia di concentrazione di ossigeno necessaria per sostenere la vita e lo sviluppo di specie tecnologiche. Mentre concentrazioni inferiori all’1% sono sufficienti per la vita monocellulare, livelli superiori al 2% sono essenziali per la formazione di un sistema circolatorio. Per organismi più complessi, come i mammiferi, la soglia si alza significativamente al 12%.

L’aspetto più affascinante dello studio riguarda la possibile estensione di queste conclusioni ai pianeti extrasolari. Considerando la Terra come esemplare di un pianeta abitabile, si suggerisce che livelli simili di ossigeno potrebbero essere necessari per consentire a specie intelligenti di utilizzare il fuoco come fonte di energia e progredire verso lo sviluppo tecnologico.

L’introduzione del concetto di “collo di bottiglia” evidenzia un limite critico legato alla chimica e alla combustione. Accendere e mantenere una fiamma senza una sufficiente presenza di ossigeno nell’atmosfera  è complesso, e la capacità tecnologica potrebbe essere intrinsecamente connessa alla possibilità di utilizzare il fuoco come fonte di energia. La soglia minima di ossigeno per poter sostenere le reazioni di combustione si attesta intorno al 18%, e sulla Terra viviamo con una percentuale di poco superiore, circa il 21%.

Il lavoro sottolinea che i livelli di ossigeno necessari per la vita sono differenti da quelli necessari per lo sviluppo della tecnologia. Periodi durante l’evoluzione della vita sulla Terra hanno mostrato livelli di ossigeno sufficienti per forme di vita complesse ma insufficienti per l’uso del fuoco.

L’articolo propone implicazioni per la ricerca astrobiologica e esoplanetaria. La presenza di una specifica  percentuale di ossigeno nell’atmosfera  è suggerita come criterio essenziale per valutare la possibilità di tecnologie avanzate su altri mondi, ponendo la “strettoia dell’ossigeno” come un filtro che potrebbe influenzare la probabilità di sviluppo di specie tecnologiche su pianeti extrasolari.

Il lavoro si estende anche all’Equazione di Drake, che cerca di stimare il numero di civiltà tecnologiche nell’universo, suggerendo che la frazione di mondi in cui si sviluppa la vita tecnologica potrebbe essere limitata dalla disponibilità di ossigeno, presenza che è legata a molti fattori sia biologici che geologici. Non esiste un modello capace di comprendere l’evoluzione planetaria, tuttavia, lavorarci su ci permetterebbe di comprendere se elevate concentrazioni di ossigeno, come sulla Terra, siano abbastanza comuni o se è un evento molto raro. In conclusione, il termine dell’equazione di Drake che indica la frazione di mondi in cui si sviluppa tecnologia potrebbe essere molto piccolo.

La ricerca evidenzia il ruolo cruciale dell’ossigeno non solo nella vita, ma anche nello sviluppo tecnologico su scala planetaria. La nostra capacità di inviare segnali nello spazio e la possibile presenza di civiltà tecnologiche su altri mondi sembrano essere legate in modo intricato alla presenza di ossigeno nell’atmosfera, aprendo nuove prospettive di studio nell’esplorazione della vita intelligente nell’universo.

A cura di Vito Saggese

Fonti:

https://www.nature.com/articles/s41550-023-02112-8

https://www.media.inaf.it/2024/01/08/ossigeno-collo-bottiglia-intelligenze-extraterrestri/

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